E’ arrivato l’ambasciatore in Italia a far bordello…

L’invito di Obama, prima cena di Stato con premier italiano.
(la Repubblica, 13 settembre 2016)
L’ambasciatore Usa si schiera per il Si. Sinistra dem, M5S e Fi: “Grave ingerenza”.
(la Repubblica, 14 settembre 2016)
La faffe dell’ambasciatore.
(ibidem)
Gli Usa bombardano il No.
(il Fatto Quotidiano, 14 settembre 2016)
L’America vota Renzi e spinge Bersani sul No.
(ibidem)
Phillips va cacciato, invece Renzi andrà a genuflettersi da Obama.
Le minacce Usa per favorire il Si sono un’inaudita intromissione, ma i servi si trattano da servi.
(il Fatto Quotidiano, 15 settembre 2016)

E’ arrivato l’ambasciatore
in Italia a far bordello…

“Non ci intromettiam, però
se vincesse al voto il No
le finanze americane
si terrebbero lontane

da un Paese in rovinio
ed investimenti addio!
All’economia fa danni
che più o meno in sessant’anni

per casini a giorni alterni
ben sessantatré governi
in Italia abbiate avuti.
Basta oppur tanti saluti!

Il Sì qui deve trionfare
od è proprio un brutto affare!”
Chi ha peccato di ingerenza
al di là d’ogni decenza?

Chi mai fu così invadente,
impiccione e supponente?
Fu l’ambasciator cialtron
degli yankee, Phillips John

che, di origine toscana,
per il Bomba si scalmana
e per l’orrida riforma
sostenuta da una torma

di banchieri disonesti,
malfattori manifesti,
brutal multinazionali,
finanziarie criminali,

vecchie volpi staliniste
in golpetti specialiste,
giornaloni del potere,
maneggioni di mestiere,

big burocrati europei,
cardinali della Cei,
dalla Merkel e da Obama.
E’ lo stesso panorama

che vediam da settant’anni.
Chiunque qui il potere azzanni
ci fa sudditi degli Usa
e l’Italia lecca e annusa

i padroni americani.
Liberal, democristiani,
vecchi lupi comunisti
e berlusconian forzisti

son per loro andati in guerra
negli inferni della terra:
Iraq, Libia, Afghanistan,
Serbia e poi chissà doman.

Poiché il nostro ruolo è chiaro
anche all’ultimo somaro:
essere fedel lacchè,
bravi maggiordomi che

obbediscono al padrone.
E Matteo non fa eccezione:
è una vita che Carrai
riempie i suoi salvadanai

di quattrini americani
per fregare gli italiani
e che pur di andare in Usa
Renzi inventa qualche scusa.

Ad ottobre, addì diciotto,
con Agnese il giovinotto
sarà a cena con Obama,
cosa che da sempre brama.

Questa è l’ultima occasione
per leccare quel padrone
poiché Obama se ne va
e il padrone cambierà.

Il boy scout non fa una piega
e la cosa ben si spiega:
cambia il santo sull’altare?
Cambia il culo da leccare.

blog MicroMega, 19 settembre 2016

Ribollita power

Fotografi, amici, consigliori. Quella corte fiorentina che circonda Renzi a Roma.
L’ultimo arrivato a Palazzo Chigi è il paparazzo di Rignano.
E anche le recenti nomine pubbliche portano in Toscana.
(la Repubblica, 30 aprile 2014)
Come fu che il paparazzo si fece fotografo del premier.
Storia di Tiberio Barchielli: prima autista, poi inventore di un sito di gossip.
(il Fatto Quotidiano, 3 maggio 2014)

Ribollita power

Scrisse un libro con titolo Stil novo,
ma il suo stil tanto nuovo non appare,
se ha prelevato dal toscano covo
e portato con sé più d’un compare.
Il primo è Luca Lotti, “il lampadina”
per la sua chioma d’un biondo splendente
Provien dalla provincia fiorentina,
Montelupo e Renzi, il Presidente,
l’ha fatto proprio sottosegretario.
Se la Corte dei conti non la vessa
con balzan uzzolo legalitario,
da Firenze verrà “la vigilessa”,
Antonella Manzione, comandante
di tutti i vigili della città,
che con una scalata entusiasmante
agli affari legal lavorerà.
Da Montevarchi venne Monna Boschi,
ministra alle Riforme e al Parlamento,
la qual, con virginali modi toschi,
riformerà il Senato in un momento
e, da buona avvocata praticante,
saprà cambiar la legge elettorale
facendo una porcata allucinante,
a quella del leghista quasi eguale.
Poi l’invasion dei vari Cda,
la Finmeccanica, l’Enel, le Poste,
Elisabetta Fabri e Landi qua,
là Bianchi in una corsa senza soste,
fino al Collegio sindacal dell’Eni.
Il renzian power alla ribollita
ricorda da vicino i tempi osceni
di Rumor, di Bisaglia, di De Mita.
Aggiungasi Carrai da Greve in Chianti,
motor del marchingegno finanziario
cui spetta trovar soldi, e proprio tanti,
per far che Renzi sbarchi i il suo lunario.
L’ultimo giunto a Roma è un paparazzo,
tal Tiberio Barchielli da Rignano,
fotografo ufficiale del ragazzo
del quale non per nulla è compaesano.
Di pullman fu un autista in gioventù
guidando i bus col marchio della Sita
quando Matteo in brache corte blu
negli scout iniziava la salita,
correndo verso un fulgido avvenire.
Dilettante fotografo Barchielli
di cambiar profession ebbe l’ardire
sui quaranta anni e prese a far sfracelli
con un portale pien di fondoschiena,
Gossip blitz che dirige con perizia.
Fra un fondoschiena e l’altro si scatena
a fare scatti a Renzi con dovizia,
fotografa il ducetto di Rignano
con Cameron, Hollande, Barack Obama
e mentre giura da Napolitano.
S’apron così le porte della fama:
ufficio a Roma pien d’attrezzature,
il decreto di nomina in arrivo,
ricco stipendio, vita d’avventure
con Renzi sempre dentro l’obiettivo.
Il Pinocchio premier che ce l’ha a morte
con privilegi, sprechi, nepotismi
e carriere fasulle avute in sorte,
ha messo insieme con i sacri crismi
una corte di nani e ballerine,
il ribollita power cosiddetto,
che a prima vista par del tutto affine
a ciò che fece Craxi Benedetto.
E la democrazia che fin farà?
Pur sbandierata con fiero cipiglio
da questo fiorentin quaraquaquà
sta agonizzando col marchio del giglio.

blog MicroMega, 7 maggio 2014

Il Boy Scout Costituente

Lasciatemi lavorare.
(il Fatto Quotidiano, 1 aprile 2014)
Renzi si scrive le riforme. Il Quirinale fa sapere: è ok.
(ibidem)
Il progetto (per adesso) è questo.
(ibidem)
“Con quel nuovo Senato fare le leggi sarà un caos”.
(il Fatto Quotidiano, 2 aprile 2014)
Camere a rischio blocco: 12 modi per fare leggi.
(il Fatto Quotidiano, 3 aprile 2014)
Hombres Horizontales.
(il Fatto Quotidiano, 9 aprile 2014)
Riforma del Senato, fronte anti-Renzi da Forza Italia al Pd.
(la Repubblica, 24 aprile 2014)
Senato, riforma a rischio. Forza Italia: va eletto o non c’è la maggioranza.
(ibidem)

Il Boy Scout Costituente

Riforma del Senato. Solo un pazzo
può averla concepita in buona fede,
poiché soltanto chi ragiona a cazzo
quello che poi succederà non vede.

A partire dal suo funzionamento:
di semplificazione non v’è traccia
e la trafila cambia a ogni momento,
dentro ad un labirinto di cartaccia.

Vien l’iter da seguir differenziato
fra leggi e cambi costituzionali,
leggi per il bilancio dello Stato,
leggi e trattati internazionali,

leggi terrtiorial, leggi ordinarie,
con tanto di va e vien, ping pong, navette,
diverse maggioranze necessarie,
assolute, normali, larghe e strette.

Confusionario bicameralismo
che coinvolge la Camera e il Senato
con un aggrovigliato meccanismo
peggior di quello che verrà lasciato.

Per il Senato delle Autonomie
non verranno più eletti i senatori
che arriveran dalle periferie
con ventun fortunati primi attori

nominati dall’uom che sta sul Colle.
Eran già troppi cinque e con ventuno
contesteranno assai le opposte folle:
nessun si fida del Numero Uno.

Col senatore che non vien votato
maggioranze diverse di sicuro
ci saranno alla Camera e al Senato
e sarà sempre muro contro muro.

Questa masnada di raccogliticci
eletti, ma per far altri mestieri
con i ventuno, del Colle i capricci,
un dì saranno dei votanti veri,

senza aver ricevuto alcun mandato,
per votar leggi costituzionali,
per l’elezion del Capo dello Stato,
per i trattati internazionali.

E poi che dir della democrazia?
Del Senato con lo sconvolgimento
e con l’Italicum, pura follia
per l’elezion di mezzo Parlamento,

equi giammai saranno i risultati.
Il Capo dello Stato sarà eletto
ancor da deputati nominati,
ciascun dei quali resta lo schiavetto

di un segretario boss del suo partito,
grazie a liste più corte ma ancor chiuse.
Le minoranze avranno il benservito,
a causa degli sbarramenti escluse.

Il premier sarà il boss del Parlamento
grazie a un premio di maggioranza abnorme,
con un partito da venti per cento
e, della ghigliottina per le norme,

ogni suo didielle otterrà il via
entro un massimo di sessanta giorni.
Diamo l’addio alla democrazia,
sperando sol che prima o poi ritorni.

Della Costituzione ai difensori
che han tentato di dargli l’altolà
ha risposto il boy scout degli oratori:
“Non già su Zagrebelsky e Rodotà,

giurai, bensì sulla Costituzione.
Questi professoroni da strapazzo
debbono farsene una ragione:
quello che dicono non vale un cazzo”.

E pensar che nessuno fu presago
che dopo i quattro pirla sull’alpeggio,
fra i monti del Cadore a Lorenzago,
con Renzi avremmo visto ben di peggio.

blog MicroMega, 27 aprile 2014

Top