Martirello e i Rutelli boys

La Costituzione batte Renzi 59 a 41.
(il Fatto Quotidiano, 5 dicembre 2016)
Matteo si arrende: “Il popolo ha parlato chiaro, ora lascio”. Il premier annuncia le dimissioni.
Oggi sale al Colle. Tiene però la guida del Pd, domani la resa dei conti in Direzione.
(ibidem)
Renzi, l’ultimo comizio, non ammette critiche: ma non lo ascoltano più.
(il Fatto Quotidiano, 8 dicembre 2016)
Il Pd firma il patto Gentiloni, Renzi vuole che duri poco.
(il Fatto Quotidiano, 10 dicembre 2016)
Gentiloni, governo fotocopia.
(la Repubblica, 13 dicembre 2016)
La Boschi passa a guidare la struttura di Palazzo Chigi: quasi una promozione.
Il Quirinale non lascia i Servizi segreti a Luca Lotti che ottiene però Sport ed editoria.
(il Fatto Quotidiano, 13 dicembre 2016)

Martirello e i Rutelli boys

“La clessidra è ormai girata,
basta un No a me e alla fata
e non ci vedrete più,
salve a tutta la tribù!”

“Con il No cambio mestiere,
lascio perdere il potere:
altro premier, ma non solo,
altro segretario al volo.

Non son un quaraquaqua,
è question di serietà!”
Certo d’una gran vittoria,
l’uomo pien di vuoto e boria

mille volte così disse.
Poi ci fu l’apocalisse
perché nel giorno del voto
per il Sì fu un terremoto

ed il rutellian marmocchio
tornò ad essere Pinocchio.
“Abbiam perso la battaglia,
ora tocca all’accozzaglia

il governo del Paese.
Mi dimetto e con Agnese
me ne torno a Pontassieve”.
Solo chi è fesso se la beve.

Sale al Colle e a Martirello,
presidente travicello,
fa un discorso molto chiaro:
“Ma ne vado, Sergio caro,

ma è evidente che al mio posto
deve andar non uno tosto
che poi resta nei coglioni,
ma uno come Gentiloni,

di Rutelli già lacchè.
Lui farà un governo che
del mio sia copia fedele
con le solite miscele

di fanciulle, di incapaci,
di affaristi, di mendaci
e di miei capicenturia.
Ovviamente Maria Etruria,

che ha sbagliato ogni sua mossa,
dovrà essere promossa
così come Luca Lotti,
il miglior dei miei picciotti.

Il teatrino è cominciato:
Martirello ha consultato
ventitré delegazioni
e ha affidato a Gentiloni

il governo del Paese
dove il No il sessanta prese,
ma mai nulla cambierà
grazie alla stabilità.

Il boy scout referendario
è rimasto segretario
di un partito che è un vulcano,
dove chi non è renziano

se la vede molto brutta.
Dove regna una combutta
col velen dello speziale
e la legge del pugnale.

Nella direzion post No
solo Renzi sproloquiò,
come sempre nel passato
fu il dibattito vietato.

Il Congresso si avvicina
con la solita manfrina
sulle regole da usare
affinché vinca il compare.

In attesa di che cosa?
Di una novità preziosa:
il votar per un governo
e mostrar che non è eterno

il ducetto assatanato.
Tanti No lo han dimostrato
anche se questo marmocchio,
che nell’essere Pinocchio

è testardo come un mulo,
poi ci ha preso per il culo
non togliendosi di torno.
Ma domani è un altro giorno.

blog MicroMega, 19 dicembre 2016

Renzi e Gelli, i gemelli del Sì

Perché?
(il Fatto Quotidiano, 11 ottobre 2016)
Flessibilità, il vero voto di scambio.
La Ue dà un po’ di soldi al premier per convincere gli italiani a votare contro i populisti.
(ibidem)
Manovra, spunta il “premio mamma-domani”.
(la Repubblica, 14 ottobre 2016)
Renzi e Gelli, troppe idee simili.
(il Fatto Quotidiano, 14 ottobre 2016)
Tagli, bonus e fantasia: la manovra elettorale.
(il Fatto Quotidiano, 16 ottobre 2016)

Renzi e Gelli, i gemelli del Sì

Con un memorandum sconcio
la peggiore del bigoncio,
J P Morgan, pronunciò
il suo più convinto No

contro le Costituzioni
delle libere Nazioni
che in Europa stanno al sud:
“Stop a questi Robin Hood

che, risorti dal fascismo,
puzzano di socialismo
e difendono il lavoro,
voglion farsi i fatti loro

con Regioni e sindacati
ogni giorno scatenati
con politiche sociali
contro quei poter centrali

che son per l’integrazione
nel grandioso carrozzone
che dev’essere la Ue!
Stop a deboli premier,

al diritto di protesta
ed al welfare, se ne resta!
Cambiam le Costituzioni
a ‘sti popoli terroni!”

Questa è la filosofia,
stop alla democrazia,
tutto in mano alla finanza.
Il toscan uomo di panza,

burattino in verità
di chi ben più in alto sta,
vuole realizzare il piano
caro a Gelli e l’italiano

voterà la gran riforma
sostenuta da una torma
di burocrati europei,
di politici babbei,

di industriali inquinatori,
di potenti ambasciatori,
brutal multinazionali,
finanziarie criminali,

giornaloni del potere,
maneggioni di mestiere,
Confindustria e BCE.
L’ineffabile premier

cerca di comprare il voto
con l’inganno molto noto
degli impegni elettorali:
mini aumento agli statali,

una mancia ai pensionati,
ai precari e agli esodati,
oboli alla povertà,
alla produttività,

a famiglie numerose,
agli sposi ed alle spose
per il latte ei pannolini,
un po’ d’euro ai celerini,

taglio all’Ires, nuova Iri,
nuovo ponte…dei sospiri,
da Equitalia tutti indenni,
bonus per i diciottenni,

buoni nido quotidiani,
premi per mamma-domani
con quattrini per chi scopa
per figliar come in Europa.

Renzi in stil Babbo Natale
va su e giù per lo Stivale
fra gli applausi e gli alleluia
per dar nella notte buia

i suoi doni a amiche e amici
che lo votano felici.
E l’Europa chiude un occhio
su ogni trucco del marmocchio

che la vuol fregar sui conti
come ragionieri tonti.
Ma attenzion! Se vince il Sì
giungeranno i tristi dì

che voleva Licio Gelli,
con potere ai tirannelli,
Libertà fuor della porta
e Costituzione morta.

blog MicroMega, 17 ottobre 2016

Gli è tutto sbagliato, tutto da rifare

Le parole rottamate di Matteo: non è più tempo per gufi.
(il Fatto Quotidiano, 19 agosto 2016)
La metamorfosi. Il ricostruttore.
(l’Espresso, 4 settembre 2016)

Gli è tutto sbagliato, tutto da rifare

Per due anni ha governato
ed ha, ahimè, tutto sbagliato,
or se vuole avanti andare
tutto quanto è da rifare.

Sta cambiando contenuti,
interventi, fan, aiuti,
comunicazion, bla bla
nonché stil e priorità.

Ciò che andava bene prima
quando euforico era il clima
non può andare bene adesso
nel contesto assai depresso.

Con l’immagine a puttane
e i sondaggi in calo immane,
col Pil che non vuol salire
e un doman da abbrividire

col certam referendario,
al ducetto è necessario
ripartire dall’inizio,
tralasciando il brutto vizio

di far il provocatore.
“Più i nemici, più l’onore!”
alla moda di Benito
è un giochetto che ha fallito,

tutto intorno è una rovina,
tipo sisma di Messina
o Amatrice di recente.
La fiducia della gente

sta calando a vista d’occhio:
han capito che è un Pinocchio.
Per non dir delle sue donne:
quelle ch’eran le colonne

dell’azione di governo
hanno un gradimento odierno
che consiglia al boss toscano
di tenersene lontano.

“Ciao Giannini!” “Ciao Madìa!”
“Maria Etruria, pussa via!”
Anche il vecchio stalinista
sotto banco è sceso in pista

per frenare il suo pupillo.
“O stai molto più tranquillo
o ci boccian le riforme
e sarà un disastro enorme

per me ex Capo dello Stato
il trovarmi sputtanato!”
Van riviste le amicizie:
calci in culo e non blandizie

a Verdini, il macellaio
detentor di mille e un guaio.
Defilato stia Angelino,
alleato clandestino

e la Lorenzin si taccia,
la fertility è fregnaccia.
Ora tocca ai rottamati:
largo ai gufi e ai sindacati,

un incarico ad Errani,
il gemello di Bersani,
un buffetto alla Camusso
fino a ier da lager russo,

l’occhiolino a Pisapia
e alla vecchia compagnia
che ruotava intorno a Prodi.
“Rosicone, se non rodi

e non voti per il No!
qualche seggio ti darò!”
L’ultima strizzata d’occhio
dell’ignobile marmocchio

è per Silvio Berlusconi:
“Torneranno i giorni buoni,
tornerà l’arcobaleno
come ai dì del Nazareno!

Rifarem le larghe intese!”
E’ il destino del Paese
vegetar nella melassa.
All’inizio Renzi scassa,

spezza, rompe, spacca tutto.
Non raccoglie nessun frutto
e ritorna democristo:
déjà vu, tutto già visto!

blog MicroMega, 10 settembre 2016

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