Pd 4.0

Renzi uccide un Pd morto. Ma tutt’intorno è fuggifuggi.
Il day after. Dimissioni-farsa (per gestire le consultazioni) e attacco a Mattarella.
(il Fatto Quotidiano, 6 marzo 2018)
Pd in freezer: niente governi. Martina fa il segretario findus.
(il Fatto Quotidiano, 12 marzo 2018)
Ecco l’anti-Matteo: Calenda si muove per guidare i dem.
(il Fatto Quotidiano, 7 marzo 2018)
Il sogno di Renzi si reincarna in casa-Calenda.
Il neo-tesserato. Da Signor Nessuno appena arrivato, è salamaleccato da tutti i maggiorenti Democrat, dà ordini, minaccia, detta condizioni.
(il Fatto Quotidiano, 8 marzo 2018)

Pd 4.0

E’ un partito che in realtà
sempre fu una nullità,
fin dal dì in cui babbo e mamma
l’hanno messo al mondo: un dramma.

I due sposi attempatelli,
genuflessi di Rutelli
ad impronta democrista
e, con sangue comunista,

i compagni di Fassino,
per avere un bel bambino
fan l’amor senza entusiasmo,
mezzo coito senza orgasmo

e si trovan nella culla
il Pd, ovvero il nulla.
Allevato dai migliori
insegnanti e professori

esistenti nei confini,
da Veltroni a Franceschini,
da Bersani ad Epifani,
crebbe in corpo, piedi e mani,

ma restò sempre uno zero,
come un morto senza un cero,
un Romeo senza Giulietta,
un bauscia senza fretta,

un gasdotto senza tubi,
un Berlusca senza Ruby,
l’ossobuco senza l’osso.
Ogni dì svanì un po’ il rosso

e divenne un po’ più bianco,
finché a fare il capobranco
è arrivato da Rignano
Matteo Renzi, il ciarlatano.

Con una riforma al mese
per il culo tutti prese:
bidon ai lavoratori,
ruberie ai risparmiatori,

prese in giro agli insegnanti,
lager libici ai migranti,
irrisione ai sindacati,
meno cure agli ammalati,

botte alla Costituzione,
inchin alla corruzione,
stupri a territorio e ambiente
ed alla Giustizia niente.

Solo bonus, non diritti,
rosiconi e gufi zitti.
Visti i magri risultati,
gli italian si son stufati

ed alquanto incolleriti
con Poletti, con Minniti,
con Fedeli, con Madia,
Lotti, Boschi e compagnia

e lo zero è peggiorato:
sotto zero, congelato.
Referendum perso, e male,
una legge elettorale

demolita dalla Corte,
amministrazioni morte
contro destra e cinque stelle,
di Matteo le marachelle

sono state proprio tante
e il partito agonizzante
l’ultimo respiro esala
e al diciotto e sette cala.

Mentre scende giù il sipario
si dimette il segretario,
che anzi tenta di far finta,
ed appar dietro una quinta

il suo erede provvisorio
ch’è di nullità un emporio,
il fenomeno Martina,
del Pd vice rovina.

Ma la cosa più tremenda
è l’arrivo di Calenda:
del Pd in liquidazione
vanno all’asta le poltrone.

blog MicroMega, 21 marzo 2018

Il Partito della Nazione

Ncd, il delitto perfetto di Matteo & Angelino.
Alfano si stringe alla poltrona ed esagera: “Adesso faremo il Ponte sullo Stretto”.
(il Fatto Quotidiano, 11 settembre 2015)
Il Senato dei nominati: solo così il Pd piglia tutto.
Scompaiono alfaniani e verdiniani partoriti dalle scissioni di Forza Italia.
(il Fatto Quotidiano, 12 settembre 2015)

Il Partito della Nazione

Angelin, pur senza quid,
con opportunismo speed
ha trattato con Matteo
il suo accesso all’apogeo:

“Caro amico, dimmi sì,
fammi entrare nel Pd!”
Con la legge elettorale,
anticostituzionale,

che favorirà una lista
non un’alleanza mista,
col Senato, quello nuovo
di intrallazzatori covo,

non eletti dalla gente,
ma dal voto compiacente
dei consigli regionali,
coi sondaggi elettorali

grazie ai qual l’Ncd
sembra morto da quel dì,
ad Alfano è molto chiaro
che il futuro sarà avaro

di poltrone in Parlamento.
Il partito è in gran fermento
per la grave situazione:
son più i cul delle poltrone.

Ed allora cosa fare?
Da Matteo farsi donare
posizion da capolista
et voilà! scendere in pista

con la targa del Pd
e non déll’Ennecidì.
Ma anche Renzi ha i suoi problemi:
i piddini, pur se scemi,

han capito in un baleno
che ogni cadreghino in meno
vuole dire un culo a spasso.
Riservato è quindi il passo

ai fedeli di Matteo:
a Angelino, al gineceo,
Scopelliti, Lorenzin,
Chiavaroli, Bianchi e affin,

le renzine da commando
ed al buon Pierferdinando
che, se pure non renziano,
è un marpion democristiano.

Come dettano le norme,
per il sì sulle riforme
anche Denis vuole avere
per le sue migranti schiere

qualche posto nel futuro
Parlamento ed il figuro
con Matteo il problema affronta.
La sua soluzione è pronta:

sloggiar gufi, rosiconi,
porta sfiga, brontoloni,
comunisti vecchio stile
e imbarcare baciapile,

malfattor, bancarottieri
che, avversari fino a ieri,
oggi sono finalmente
diventati la sua gente.

Le riforme sbandierate?
sono sol delle renzate!
Una sola è quella vera
che dà il via a una nuova era,

come quella di Benito:
la riforma del Partito.
“Ecco il team della Nazione!”
“Corri, corri, credulone!

Sei partito da Rignano
e con il boy scout toscano
che ti ha preso col suo cappio
ti ritroverai a Predappio!”

blog MicroMega, 14 settembre 2015

L’ultima chance

“Mille giorni, ultima chance o c’è il voto anticipato. Ma noi puntiamo al 2018”.
(la Repubblica, 17 settembre 2014)
Il ritornello dell’ultima chance di Filippo Ceccarelli.
(ibidem)

L’ultima chance

E’ una strana Nazion la nostra Italia,
sono una strana stirpe gli italiani
che hanno bisogno di qualcun che ammalia
e assicura un doman dopo il domani.

L’ultima chance da sempre fu chiamata,
ma la penultima da sempre fu
poiché questa Nazione disgraziata
da sempre è con l’abisso a tu per tu.

Napolitano Monti ci donò
sulle macerie che lasciò il caimano
ed Emma Marcegaglia proclamò:
“L’ultima chance del popolo italiano!”

Dopo il disastro dei professoroni,
il folle risultato elettorale
e il ritorno di Giorgio alle concioni,
ecco il nuovo messia del Quirinale:

“Al democristo Letta do il timone!”
Non ancora la prima fra i renziani,
a dir: “L’ultima chance per la Nazione!”
nell’occasione fu la Serracchiani.

Appena eletto leader del Pd,
l’ultima chance la sventolò Matteo:
“Rottamo sopra, sotto, qui e lì
senza fare ad Enrico marameo

e poi la nuova legge elettorale
consentirà di uscire dalla melma.
L’ultima chance, poiché, se andasse male,
ci salverà soltanto il Mago Otelma!”

Chiamato Berlusconi al Nazareno
e firmato l’accordo col compare,
dirà: “Se non funziona il patto osceno
solo Goldrake l’Italia può salvare!”

A pugnalate fatto fuori Letta,
che pure il Quirinale ha fatto fesso,
dettò alle Camere la sua ricetta:
“L’ultima chance abbiamo: qui e adesso!”

Parlò d’ultima chance a Porta a porta
e a Che tempo che fa: “Ce la faremo!”
L’ultima chance anche a Bruxelles esporta
con la promessa: “Non la falliremo!”

Poi dopo “maratona”, “freccia rossa”,
“il vento in faccia”, “una riforma la mese”,
“sull’onda in piedi”, “il blitz”, “lo sprint”, “la scossa”,
il libro di un atleta giapponese,

“L’arte di correre”, di Mukarami,
l’iPhone, l’iPad, le slide, l’adrenalina,
le sfide ai rosiconi ed i proclami,
la soluzion non par così vicina.

I nostri guai rimangon sempre lì,
la Ue non ci ha concesso ancora nulla,
come nulla è cambiato nel Pd,
la crescita boccheggia nella culla,

il Pil non sal, non c’è l’assalto ai forni,
ma qualche sindacato si scalmana,
i cinque mesi ormai son mille giorni
e par l’ultima chance ben più lontana.

E’ la penultima quella che arriva.
La moral della storia allor qual è?
Chi ai pifferai per strada fa gli evviva,
chi sostiene che Renzi sia un premier

e non il solito democristiano
che quel ch’è rosso vuole eliminare,
non scordi il proverbial detto nostrano:
“Fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”.

Nota. L’ispirazione per la poesia è venuta dall’articolo
“Il ritornello dell’ultima chance”, uscito su la Repubblica
del 17 settembre 2014 con la firma di Filippo Ceccarelli
che qui sentitamente si ringrazia.

blog MicroMega, 22 settembre 2014

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