Il male minore

Pdl sull’orlo della scissione. Alfano: il governo deve durare. Fitto: vuoi fare la festa a Silvio.
(la Repubblica, 14 novembre 2013)
L’ultimatum di Angelino al Cavaliere. “Mi stai proponendo un trappolone”. “Rinvia tutto o vado via”. Drammatico confronto a cena.
(ibidem)
La vera barzelletta è l’unità del Pdl: ci crede solo Berlusconi.
(il Fatto Quotidiano, 14 novembre 2013)

Il male minore

Convocò quel criminale
il Consiglio nazionale
per passar dal Pdl
degli schiavi e delle ancelle

a una nuova Forza Italia
che assai presto terrà a balia,
il partito dei più bravi,
delle ancelle e degli schiavi.

Per la novità che incombe
si scatenano colombe,
mediator, falchi, falchetti,
angelini e diavoletti.

Il caiman non sa che fare:
l’obiettivo è non andare
a finire in una cella.
C’è Daniela, sempre quella,

che lo esorta: “Spacca tutto
o alla fin sarai distrutto!”,
mentre Alfano, il neostatista,
vuol che Letta resti in pista:

“Silvio, se salvi il governo
senza scatenar l’inferno,
sarai poi riabilitato
e ritornerai in Senato”.

Quasi fuori di cotenna,
Silvio sembra il Sor Tentenna:
“Fo’ il Consiglio”. “Non lo faccio”.
“Tengo Alfano”. “No, lo caccio!”

“Fo’ il Consiglio, ma sto zitto…”.
“Han ragion Daniela e Fitto,
Angelin non è sincero!”
Sbotta Nunzia: “Non è vero!

Il problema è sol che Alfano
vuol posare il deretano
su una sedia o una poltrona,
ben lontan dalla pitona!”

Mentre pensa a un chiavistello,
Silvio vede Quagliariello
ch’è di casa al Quirinale:
“Il buon cuor presidenziale

lui potrebbe procurarmi,
evitandomi i gendarmi…
Ed allor perché cacciarlo?”
Ogni giorno un nuovo tarlo

rode dentro la sua testa:
“Chi mi vuole far la festa?
A chi devo dar fiducia?
A chi con Enrico inciucia

o a chi vuole le elezioni?”
Senzaquid coi suoi dentoni
torna per fregare Fitto:
“Grazie a lui sarai sconfitto,

non sol fuori dal Senato,
ma con Re Giorgio incazzato,
col governo comunista
e con la galera in vista.

Silvio, pensa a quel che fai,
sol con noi ti salverai!”
Causa i falchi, le colombe
e le quotidiane bombe

Berlusconi si dispera:
“E se fosse la galera
la migliore soluzione?
San Vittore, apri il portone!”

l’Universale, 15 novembre 2013

Angelino senza antenna

“Angelino, è tempo di decidersi”. Letta incalza per blindare il governo.
(la Repubblica, 29 ottobre 2013)
Alfano frena, ma Silvio non si fida. “Ora in piazza contro la decadenza”.
(ibidem)
Alfano si piega a B. Il vicepremier: “Niente scissione, il leader è Silvio”.
(il Fatto Quotidiano, 29 ottobre 2013)
Angelino si è arreso al metodo Boffo.
(il Fatto Quotidiano, 30 ottobre 2013)

Angelino senza antenna

Ha un bel dire Enrico Letta
ad Alfano: “Corri in fretta
lungi dal caiman bandito.
O abbandoni quel partito

o il governo che presiedo
finirà cotto allo spiedo,
anzi finirà bruciato
e col Re dimissionato!”

Angelino, senza antenna,
sembra fuori di cotenna:
corre, frena, si arrabatta,
nella sua cuccia si acquatta

e poi n’esce all’improvviso
al gran passo ormai deciso,
ma lo fulmina un sondaggio.
Senza quid, senza coraggio,

senza il becco d’un quattrino,
senza il cul del meneghino
da leccar per un dolcetto,
senza far lo scendiletto

sotto il piede del padrone,
senza comode poltrone,
senza voti, senza fan,
non farà la fin d’un can

scaricato in autostrada?
Non farà, ben che gli vada,
la fin di Gianfranco Fini,
di Mastella, di Casini?

Fra i compagni di avventura
già si nota una frattura:
da una parte i bravi pupi,
come sono Nunzia e Lupi,

il ciellino e la sannita,
e dall’altra chi lo invita
a buttarsi a capofitto
per spaccar tutto: Cicchitto,

Formigoni, Quagliariello.
Non bastasse il gran bordello
che già fan falchi e colombe,
or che la scissione incombe

le colombe son divise:
di là stanno le decise
e di qua le cagasotto.
Ed è ancor lontano il botto

del caimano decaduto.
Angelino, sei fottuto.
Da un parte Enrico Letta
pronto a darti una paghetta

per il bel servizio reso,
ma soltanto, beninteso,
finché Renzi non lo caccia.
E dall’altra il faccia a faccia

col caimano inviperito:
“Angelino, mi hai tradito
ed il modo ancor mi offende.
La mia punizion ti attende:

starai senza la poltrona,
senza gran, senza corona
e Daniela Santanché
farà ciò che vuol di te!”

l’Universale, 2 novembre 2013

Why?

Cerimonia dei profughi, è rivolta. La folla ai politici: “Assassini”. Alfano portato via dalla scorta.
(la Repubblica, 22 ottobre 2013)
I migranti: “Assassini”. Alfano contestato scappa.
Ad Agrigento la farsa dei funerali per le vittime di Lampedusa.
(il Fatto Quotidiano, 22 ottobre 2013)

Why?

Isola di Lampedusa.
La tragedia si è conclusa,
la più grande della storia
della fuga migratoria.

Dal barcone alla deriva,
ma già prossimo alla riva,
son finiti tutti in mare.
Non sapevano nuotare

e son morti in quattrocento.
Il governo, sempre intento
a insegnare ai cittadini
la parola clandestini,

a ostentar falso dolore
con le lacrime da attore,
a vantare un’efficienza
del casino quintessenza,

turpe nella sua viltà,
con un moto di pietà
e con enfasi sospetta,
fece dire a Enrico Letta,

che era al fianco di Barroso,
quell’oggetto misterioso
che fa il capo della Ue:
“Oggi promettiamo che

farem funeral di Stato
a ogni povero annegato!”
Fu la solita menzogna
della qual provar vergogna.

Messi i morti nelle bare,
senza nome a quanto pare,
con un numero soltanto,
li han mandati al camposanto.

Non in uno, bensì in molti
dove furono sepolti,
col suo rito ciascheduno,
ma col pianto di nessuno.

Per poi far la pagliacciata
di un’ignobile sfilata
di politicanti inetti,
di questori e di prefetti

giunta al molo di Agrigento
per dar lustro a quel talento
del ministro Angelo Alfano.
Come funerale è strano:

non ci son salme né bare
né chi si poté salvare
in quel viaggio della morte
Oltre ai vip ed alle scorte

dei nostrani farisei
ci son pur, per gli eritrei,
i politici coi ceri
ed i fior da cimiteri,

nonché il loro ambasciatore.
Una cosa che fa orrore,
poiché tutti gli annegati
dal paese son scappati

e ora i poveri parenti
si ritrovan coi potenti,
causa di quel triste viaggio.
Manca, invece, il personaggio

che col suo popolo aiuta,
in quell’isola sperduta,
i migranti al loro sbarco.
Giorgio, di civismo parco,

da Agrigento tien lontano
Giusi, il sindaco isolano,
invitato al Quirinale
proprio il dì del funerale.

Dopo i tanti bla, bla, bla,
dei nostran quaraquaquà,
s’alza il grido di “assassini!”
Gli eritrei e gli agrigentini

han capito ch’è una truffa
e scatenano la zuffa
contro il funerale strano.
Scappa Mauro, scappa Alfano,

fugge via l’ambasciatore,
mentre, affranta dal dolore,
una donna grida: “Why?”
Non glielo diranno mai.

l’Universale, 23 ottobre 2013

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