A famigghia Genovese

“I Genovese si considerano superiori a chi paga le tasse”.
Indagata tutta la famiglia. Con Luigi, 21 anni, appena eletto in Sicilia con 18 mila voti, inquisiti anche il padre Francantonio, la madre Chiara, gli zii e il cugino.
(il Fatto Quotidiano, 24 novembre 2017)
La famiglia “padrona” di Messina sconfitta soltanto da un sindaco scalzo.
Politica e affari. Il monopolio imposto sullo Stretto dall’alleanza con l’armatore Franza.
(ibidem

A famigghia Genovese

La famiglia Genovese
è l’orgoglio di un paese
dove fin dai primi albori
hanno gli intrallazzatori

il consenso che compete
ad un generale e a un prete.
Il gran Capo è Francantonio,
siciliano patrimonio

con sostanze molto ingenti:
mille ed un conti correnti,
ville, navi, società
d’ogni tipo e qualità.

Agli inizi col caimano,
poi divenne veltroniano,
segretario regionale
di un Pd messo assai male.

Di Bersani fu seguace
e di Renzi, poi capace
di spedirlo in una cella
poiché un po’ troppo brighella.

E’ il padrone di Messina
grazie al nonno, una faina
che da cuoco all’ospedale
segretario provinciale

democristo diventò
ed in orbita volò,
da campione dei picciotti.
Il suo nome era Gullotti,

un perfetto moroteo
arrivato all’apogeo
con condotte disinvolte.
Fu ministro dieci volte:

statal Partecipazioni,
Poste e comunicazioni,
cultural Beni e Tesori
nonché pubblici Lavori.

Per decenni nei Palazzi,
fra gli affari e gli intrallazzi.
Il suo erede Francantonio
coi favori del favonio

ne consolidò l’impero
nei settor dell’alberghiero,
dei trasporti sullo Stretto,
è padron d’ogni traghetto

e dei Centri commerciali.
Grazie a doti eccezionali
mago della formazione,
per la famigliar gestione

disinvolta assai dei corsi
con illeciti percorsi
a finire andò in galera,
undici anni e la mogliera

altri, ahimè, se n’è beccati
col nipote e coi cognati.
Dal Pd che lo fregò
Francantonio poi tornò

con un salto in Forza Italia
che al suo erede fa da balia.
Il figliolo, ch’è Luigi,
come il padre fa prodigi:

del caiman con la livrea
viene eletto all’Assemblea.
Con vagon di preferenze
sbaragliò le concorrenze.

Però appena ha conquistato
il suo seggio è già indagato
il picciotto all’arrembaggio.
I reati? Riciclaggio

ed intestazion fittizia
dei ben che, con gran furbizia,
gli han girato sia papà,
che cugino, zii e mammà.

Per proteggere il malloppo
il pivello andò al galoppo
nel celare il patrimonio
famigliare. Che demonio,

ventunenne, ancor studente,
già aspirante delinquente.
Cosicché dopo lo spoglio
con giustificato orgoglio

sullo Stretto di Messina
la famiglia canterina
“We are the Champions!” cantò in coro
poiché lì comandan loro.

blog MicroMega, 11 dicembre 2017

Nazareno 2.0

Nazareno nel mirino: “Fate luce sul Patto”.
(il Fatto Quotidiano, 30 luglio 2014)
Ultimo segreto del Nazareno. Sul Colle tutti tranne Prodi.
(il Fatto Quotidiano, 1 agosto 2014)
Renzi blinda il tavolo con Berlusconi. “Italicum entro l’anno”.
(la Repubblica, 3 agosto 2014)
“B e Matteo dicano cosa c’è nel Patto”.
(il Fatto Quotidiano, 3 agosto 2014)
Nazareno bis. “Importante che Silvio c’è”.
(ibidem)
L’ex Cavaliere si sente comunque rassicurato dal premier.
“Ha blindato il nostro accordo e con le riforme sarò riabilitato”.
(la Repubblica, 5 agosto 2014)
B. e Renzi coprono il patto. E c’è anche la Giustizia.
(il Fatto Quotidiano, 5 agosto 2014)

Nazareno 2.0

Il patto oscen del Nazareno ormai
è diventato l’incubo di chi
capisce cha sarà fonte di guai,
peggio che ad un mafioso dire sì

ed accettar di leggerne i pizzini.
Toti parla di un unico foglietto,
vergato nientemen che da Verdini
con firme del caimano e del ducetto.

Ma ogni dì salta fuori un argomento
che fa parte dei punti di quel patto
che di pagine deve averne cento
per registrar di Silvio ogni ricatto.

Si inizia col Senato federale
scelto non più dal popolo elettore,
ma da ciascun Consiglio regionale
sacro rifugio d’ogni malfattore.

Poi c’è l’Italicum, nuova porcata,
ancor peggiore della precedente,
con una grande truffa incorporata
che fa una maggioranza onnipotente

di chi vince con un quarto dei voti.
Ci son pur gli argomenti più segreti
che ai comuni mortal restano ignoti,
come le confessioni fatte ai preti.

La riforma epocal della Giustizia
con la qual Andrea Orlando si balocca
per meritarsi, per la sua nequizia,
dal vecchio criminale un bacio in bocca.

La protezione della Mediaset
e degli altri interessi editoriali
che ogni giorno più ricco fan l’umèt
e gli italiani senza più ideali.

L’elezione d’un Capo dello Stato
più intrallazzone di Napolitano
che smacchi, al Quirinale sistemato,
la fedina penale del caimano.

E chissà ancora quante porcherie
hanno inserito il guitto e il delinquente
per favorir le proprie strategie
abbindolando il popolo plaudente.

Per quello che ci narra la memoria
pensavam che il Pd fosse una schiappa,
un partito incapace di vittoria
contro il caiman. Soltanto qualche tappa

ai tempi di Romano Mortadella.
Troppe correnti, troppe divisioni,
qui fra un compagno ed una monachella,
là fra D’Alema e Walterloo Veltroni?

Mancanza di visione e di coraggio?
Mancanza di qualunque strategia?
Di in capitan che porti all’arrembaggio?
Crederlo fu colpevole follia!

Non inetto, fu complice il Pd.
Fingeva di far guerra a Berlusconi,
ma sotto sotto andava ben così.
Una banda di ignobili cialtroni.

A questo punto abbiamo la conferma
con Renzi capitan senza paura
e la squadra di Silvio oramai ferma,
giunta alla fine della sua avventura.

Pallone al piede, con la porta vuota:
basta un calcetto e la partita è vinta,
Silvio raggiunge Fini, Bossi e il Trota
e Forza Italia è finalmente estinta.

Ma quel calcetto Renzi non lo dà,
ma dice a Silvio: “Alzati e cammina!”.
Un Padre della Patria ne farà,
con la democrazia che va in rovina.

La banda dei cialtroni è sempre lì
e adesso col caimano si trastulla.
Si sposan Forza Italia ed il Pd
e la Costituzion strozzano in culla.

5 agosto 2014

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