Fra Lingolda e Leopoldotto

Un’arena in blu e rosso e le musiche di Muse e U2 per la kermesse di Renzi.
(la Repubblica, 9 marzo 2017)
Renzi e la ribollita del Lingotto.
(il Fatto Quotidiano, 10 marzo 2017)
E Matteo ora rilancia la parola compagno per scavalcare anche i suoi fallimenti.
(la Repubblica, 11 marzo 2017)
Il comizio di Renzi a Torino sembra scritto sei mesi fa.
(il Fatto Quotidiano, 11 marzo 2017)
Al Renzi II andrà peggio: sarà ostaggio delle correnti Dem.
(il Fatto Quotidiano, 12 marzo 2017)

Fra Lingolda e Leopoldotto

Si riparte dal Lingotto
dopo il tragico cazzotto
che gli han dato i tanti No.
Fu da lì che Walterloo

scese in campo col Pd
e si sa come finì,
ma non c’è scaramanzia
che fermar possa il Messia.

Nell’ambiente rosso e blu
festival del dejà vu,
nuovamente vengon buoni
Muse, U2, Claudio Baglioni

“…vedrai che non sarai solo…”
e ciascun capisce al volo
che, gli piaccia o non gli piaccia,
Renzi è ancora una minaccia,

un terribile problema,
pur col trolley, nuovo emblema.
Dal qual tira fuor Martina,
la versione meneghina

del toscano giglio in fiore,
un compagno assai incolore,
un che fa dell’ape il fuco
e della ciambella il buco.

Rappresenta, messo lì,
la sinistra del Pd,
una prova un po’ maldestra
che Matteo non è di destra.

Or compagno si può dire
senza tema di arrossire,
torna Gramsci gran cervello,
torneran falce e martello,

una marcia indietro che
fa veder Renzi cos’è,
un volgare opportunista
e un astuto trasformista.

E’ un Lingotto pien di assenze
e nebbiose dissolvenze:
non c’è il Ponte sullo Stretto
né Tizian con lo zainetto

né la Buona Scuola in fasce
né Bagnoli che rinasce
da un passato molto oscur.
Ci son sketch e calembour

mille volte già sentiti
e perciò triti e ritriti:
“I processi ai tribunali,
non ai fogli dei giornali”.

“Una Ue delle persone,
non dei cul sulle poltrone”.
“Ci muoviam con sentimento
e non con risentimento”.

“Noi non siamo rancorosi
come i transfughi bizzosi”.
“Fine della povertà”.
“Spazio per l’identità,

la salute ed il lavoro
senza i voucher del disdoro”.
“Lotta all’assistenzialismo”.
“Di sinistra è il patriottismo”.

“Del doman siamo gli aedi,
non siam reduci ma eredi
della tradizion migliore”.
“Affrontiam senza timore

del futuro l’avventura,
è degli altri la paura”.
Parlan i capicorrente,
ciascheduno alla sua gente,

al suo pezzo di partito
ed è chiaro a primo acchito
che ciascuno ha il suo ideale
e brandisce il suo pugnale

nell’attesa di capire
come Renzi andrà a finire.
Regna la malinconia,
con un’aria un po’ stantia

di furbizie famigliari,
di commerci fra compari,
di intrallazzi fra sodali
che col Chianti nei boccali

e l’amata ribollita
fanno affari da una vita.
Matteo Renzi ha sentenziato:
“Far così non è reato”,

mentre annuncia un libro nuovo
e di far la testa d’uovo
alla Stanford di Firenze,
scuola sol per le eccellenze.

Dopo i giorni del Lingotto
ce la stiam facendo sotto
perché Renzi ripartì
all’attacco del Pd,

ma la botta che ha incassato
proprio nulla gli ha insegnato.
C’è ben poco da sperare:
Renzi sol Renzi sa fare.

blog Micromega, 20 marzo 2017

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