Achtung! Cazzate!

Senza vaccini niente asilo. Il governo vara il decreto.
(il Fatto Quotidiano, 20 maggio 2017)
Il dibattito pubblico lo conferma: esce Lsd dai nostri rubinetti.
(il Fatto Quotidiano, 24 maggio 2017)
L’artista Vespa, caso di umorismo involontario.
(il Fatto Quotidiano, 25 maggio 2017)
Riecco i voucher, il governo scricchiola.
(il Fatto Quotidiano, 26 maggio 2017)
Musei, Franceschini ha violato la sua legge. E ora la cambia.
Dario Pasticcio. Era a Palazzo Chigi quando fu introdotto l’obbligo di italianità.
(il Fatto Quotidiano, 28 maggio 2017)

Achtung! Cazzate!

Grazie al web cui nulla sfugge,
ma ogni discussion distrugge,
grazie ad internet che fa
della gran velocità

la filosofia di vita
e a rispondere ti invita
senza il tempo per pensare,
domandarti, confrontare,

con la comunicazione
ormai simile a un ciclone
che ti inonda di notizie
con far tal che le primizie

già ti sembrano vecchiotte,
sì da dir: “Chi se ne fotte!”,
la dialettica è sparita,
va risolta la partita

lì per lì, botta e risposta,
senza riflession né sosta.
Non esiste mediazione,
solo contrapposizione,

ciascun va per la sua strada,
il confronto si degrada,
guardi il dito e non la luna,
senza soluzione alcuna,

fin alla nuova cazzata
in un amen ritweettata.
La politica che arranca,
grillin, destra, centro, manca,

solo in cerca di consenso
o illegittimo compenso,
non è guida del Paese,
bensì sol pessimo arnese

adoprato per lo squasso
di un’Italia ormai al collasso.
Tutto è buon per far casino.
Qui la guerra del vaccino,

con l’inetta Lorenzin
che alle prese coi grillin
improvvisa soluzioni:
dodici vaccinazioni

a ottocentomila utenti,
bimbi, ma già inadempienti
poiché è chiaro come il sole
che all’inizio delle scuole

mancan sol novanta dì
e non c’è chi lì per lì
possa far dieci milioni
di infantil vaccinazioni,

con fior di certificati,
timbri, firme ed attestati.
Lì dei voucher c’è la truffa.
Reso il referendum fuffa

con la falsa abolizione,
i lacchè del fanfarone
li han rifatti: due ritocchi,
nuovo nom, fumo negli occhi

e una botta ad un governo
che non passerà l’inverno.
Terzo quotidiano strazio,
mattatore il Tar del Lazio,

che sputtana Franceschini
per gli ignobili casini
per mandar quattro babbei
a dirigere i musei.

S’alza il coro di chi sa:
“Alt a queste nullità,
ai burocrati di merda,
a chi vuol l’Italia perda

la sua sfida agli stranieri!
Largo a chi, disastro ieri,
da ministro alla Cultura
ci riporta all’aria pura!”

Belan tutti quanti in gregge,
ma nessun sfoglia la legge
che a suo tempo vide Dario
come saggio firmatario.

Infin c’è la letterina
con la qual Vespa propina
di non esser giornalista.
“Non son tal, sono un artista

od almeno gli somiglio!”,
della Rai scrisse al Consiglio
a evitar d’esser pagato
molto meno che in passato.

Lo possiam testimoniare:
“Vespa è artista…del leccare
tutti i culi del potere,
con la lingua a formichiere!”

La moral sull’argomento:
dentro e fuori il Parlamento
sono troppe la cazzate
che ora van contingentate.

Una al mese per ciascuno
eccezion fatta per uno,
il ducetto, ormai Re Sole:
potrà dirne quante vuole.

blog MicroMega, 31 maggio 2017

Lecca tu che lecco anch’io

Renzi: “Hanno eletto il vice disastro”. Parla l’emergente: il nuovo leader? Un’occasione persa.
(la Stampa, 23 febbraio 2009)
Nel 2009 era la “Barack Obama” del Pd. Oggi il governatore del Friuli ha alcuni seri grattacapi.
Non soltanto giudiziari.
(Panorama, 28 agosto 2014)
Metamorfosi. La neorottamatrice Finocchiaro. Dall’Ikea a zia costituente, ecco “Annuzza”, la renziana.
(il Fatto Quotidiano, 20 settembre 2015)
Si scrive Orfini, si legge pallina da flipper.
(il Fatto Quotidiano, 8 marzo 2016)

Lecca tu che lecco anch’io

Dal dì in cui salì al potere
quell’ignobile messere
che il Paese sfascerà,
ploton di quaraquaquà

sul suo carro son saliti
in un lampo convertiti,
grazie alla matteomania,
alla sua filosofia.

Insensibili al passato,
traditor di chi han leccato
per lucrar qualche favore,
l’indole del servitore

li portò al nuovo padrone
con la lingua già in funzione.
Franceschini fu il più lesto:
veltroniano manifesto,

fu di Walter un pilastro,
tanto che vice disastro
di un Veltroni disastroso
lo chiamò il toscan moccioso.

Matteo in cambio dell’abiura
gli ha donato la Cultura,
ma ora Dario Franceschini,
visto Renzi nei casini,

corre per il suo domani,
scherzi fra democristiani.
Poi ci fu la Finocchiaro,
per i comunisti un faro,

una guida, un’epopea,
ma il carrello dell’Ikea
manovrato dalla scorta
fu una mossa malaccorta,

un errore madornale.
“Anna cara, il Quirinale
te lo scordi, marameo!”,
fu brutal quel dì Matteo

Anna con grande pazienza
occultò l’incompetenza
di una giovane avvocata
dal ducetto destinata

a cambiar Costituzione.
Con la Boschi, quel briccone
di Verdini ed il sodale
Giorgio in vetta al Quirinale,

diventò renzianamente
una zia costituente,
conquistandosi il premier
da leccar come un bignè.

Terza vien la Serracchiani,
fiera stirpe di friulani.
Fu fantastico il suo inizio
nel parlare ad un comizio

fra i seguaci del Pd.
Quando Debora esordì
Franceschini entusiasmò
e alla Ue lui la piazzò,

trasformando quella donna
in Obama con la gonna.
Dopo Franceschini Dario
di ogni nuovo segretario

la frangetta sbarazzina
diventò fedel lecchina:
il secondo fu Bersani,
terzo poi venne Epifani

fino a giungere a Matteo
che la porta all’apogeo
come vice segretaria,
con scalata straordinaria.

Ma che dir di Matteo Orfini,
il più fido dei lecchini
del ducetto di Rignano?
Partì fiero dalemiano,

giovin turco battagliò
in favor di Walterloo,
per poi diventare in fretta
il lacchè di quel fighetta

di Matteo che fa il prodigio
di arruolarlo al suo servigio.
Diventato Presidente,
lecca Orfini bravamente

il toscano timoniere,
con la lingua a formichiere.
Ma non è il capo protervo
che vuol arruolare un servo,

è chi è nato servitore
che va in cerca di un signore.
Come Debora ed Orfini,
Finocchiaro e Franceschini.

blog MicroMega, 13 ottobre 2016

Domani è un altro scorno

Berlusconi, il giorno del giudizio.
(la Repubblica, 311uglio 2013)
Condanna o rinvio, le strade della Cassazione.
(ibidem)
Domani è un altro porno.
(il Fatto Quotidiano, 31 luglio 2013)
“Ciao Cavaliere”, ma in crisi andrà il centrosinistra.
(ibidem)

Domani è un altro scorno

La sentenza tanto attesa
sul futuro poco pesa.
Lo statista da strapazzo,
qualsivoglia sia l’andazzo,

detterà le condizioni
alla banda di cialtroni
al governo del Paese
con le ignominiose intese.

Se la Cassazion rinvia
Berlusconi e compagnia
all’Appello nuovamente,
misericordiosamente

una prescrizion, la nona,
salverà Silvio Mammona,
confermando al Cavaliere
la funzion del timoniere.

Se l’assoluzione arriva
con gli applausi e con gli evviva
del suo popolo nefando,
resterà Silvio al comando.

Se gli danno quattro anni,
il caiman non avrà danni:
tre l’indulto gliene toglie,
l’altro con la simil moglie

lo vivrà in qualche magione,
che lui chiamerà prigione,
con i fan che a formichiere
gli berliccano il sedere.

Al Senato non andrà,
ma già adesso non ci va
e per gli ordini e i ricatti
userà i mezzi più adatti.

Se gli dan l’interdizione
da ogni pubblica funzione,
non sarà grave il problema:
o si pagherà un sistema

per convincere il Senato
d’essere perseguitato,
con conflitti far i poteri
che poi duran anni interi

o fa il Grillo che comanda
da lontano la sua banda,
con telefono e internet.
La moral? Potrà l’umét,

come ha fatto fino ad ora,
mandar tutto alla mlora
con il suo comando abietto,
qualsivoglia sia il verdetto:

il rinvio, l’interdizione,
la prigion, l’assoluzione.
Il Pd può star tranquillo,
i ricatti del mandrillo

certo non gli mancheranno.
Giorgio Re sull’alto scranno
potrà credersi Gesù.
E l’Italia? Non c’è più!

31 luglio 2013

Top