Giovannino a cinque cerchi

Il terrore di Malagò: il potere che tramonta con una pagina. Parabole. Successo, auto di lusso e trame: il capo del Coni – che allerta tutti i politici – si sente defraudato da una norma del governo.
(il Fatto Quotidiano, 20 novembre 2018)

Giovannino a cinque cerchi

Giovannino Malagò,
dei Parioli il Megalò
o Porfirio Rubirosa,
con una reazion furiosa

va all’attacco del governo:
una pagina d’inferno
della legge sul bilancio
l’ha colpito come un gancio.

Scritta nel burocratese
di un travet senza pretese,
gli trafuga il capitale
di una torta colossale,

quattrocento e più milioni,
che da gran capo del Coni
annualmente lui dispensa
ai vassalli giunti a mensa

per dividere il bottino.
A ciascuno un bocconcino:
a carambola, al calcetto
ed al lancio del capretto,

alle bocce e al tiro a volo,
alla caccia all’usignolo,
alla corsa col cilicio
e alla pallaman col micio.

“D’ora in poi – dice Giorgetti –
questi soldi maledetti
li distribuirà il governo
ed il magna magna eterno,

grazie all’Ente che verrà,
finalmente finirà”.
Malagò ha mobilitato
mezzo mondo del passato

del presente e del futuro:
Gianni Letta, imperituro,
i renziani ed i sinistri,
i campioni e gli ex ministri,

Federica Pellegrini,
della destra i galoppini,
per un passo indietro pronto
che gli eviti l’affronto.

Come osano gli infami
sollevar questo tsunami
contro il grande Malagò
che più grande non si può?

Che è la canottieri Aniene
dove va la Roma bene,
trentamila il fee iniziale,
cinquemila quota annuale.

Uno che informava Agnelli
sui roman gossip più belli,
un che vende Maserati
ai sultan degli Emirati,

un che piazza le Ferrari
ai più gran palazzinari,
un che è amico di Parnasi,
l’uomo dello stadio o quasi,

al qual ha raccomandato
della figlia il fidanzato.
Che ha due lauree, è uom di scienza:
una falsa, alla Sapienza,

poi sparita, una chimera
e una a Siena, laurea vera.
Malagò, l’uomo cha ha avuto
tutte quelle cha ha voluto:

mogli, amanti, fidanzate,
filarin, donne sposate,
dalla Falchi alla Gerini,
dalla Bruni alla Marini,

la Bellucci, Flavia Vento,
a contarle più di cento,
latin lover recidivo.
Malagò, grande sportivo,

nuotator, sciator, tennista,
calciator nonché cestista,
pokerista da sfracelli
che spennava Gianni Agnelli

quando con Luca Cordero
gli faceva il culo nero.
Malagò, che è il grande amico
di Matteo, del Letta antico,

di Alemanno e Walterloo,
i campion del fricandò
del potere e della casta.
E gli voglion dire: “Basta,

ci prendiamo il tuo malloppo?”
“No, Giorgetti, questo è troppo,
non ti viene consentito.
Se nessuno ha mosso un dito

per difendere i migranti,
scenderan dal cielo i santi
per salvare Malagò!
E ti cacceran: sciò, sciò!”

blog MicroMega, 3 dicembre 2018

A famigghia Genovese

“I Genovese si considerano superiori a chi paga le tasse”.
Indagata tutta la famiglia. Con Luigi, 21 anni, appena eletto in Sicilia con 18 mila voti, inquisiti anche il padre Francantonio, la madre Chiara, gli zii e il cugino.
(il Fatto Quotidiano, 24 novembre 2017)
La famiglia “padrona” di Messina sconfitta soltanto da un sindaco scalzo.
Politica e affari. Il monopolio imposto sullo Stretto dall’alleanza con l’armatore Franza.
(ibidem

A famigghia Genovese

La famiglia Genovese
è l’orgoglio di un paese
dove fin dai primi albori
hanno gli intrallazzatori

il consenso che compete
ad un generale e a un prete.
Il gran Capo è Francantonio,
siciliano patrimonio

con sostanze molto ingenti:
mille ed un conti correnti,
ville, navi, società
d’ogni tipo e qualità.

Agli inizi col caimano,
poi divenne veltroniano,
segretario regionale
di un Pd messo assai male.

Di Bersani fu seguace
e di Renzi, poi capace
di spedirlo in una cella
poiché un po’ troppo brighella.

E’ il padrone di Messina
grazie al nonno, una faina
che da cuoco all’ospedale
segretario provinciale

democristo diventò
ed in orbita volò,
da campione dei picciotti.
Il suo nome era Gullotti,

un perfetto moroteo
arrivato all’apogeo
con condotte disinvolte.
Fu ministro dieci volte:

statal Partecipazioni,
Poste e comunicazioni,
cultural Beni e Tesori
nonché pubblici Lavori.

Per decenni nei Palazzi,
fra gli affari e gli intrallazzi.
Il suo erede Francantonio
coi favori del favonio

ne consolidò l’impero
nei settor dell’alberghiero,
dei trasporti sullo Stretto,
è padron d’ogni traghetto

e dei Centri commerciali.
Grazie a doti eccezionali
mago della formazione,
per la famigliar gestione

disinvolta assai dei corsi
con illeciti percorsi
a finire andò in galera,
undici anni e la mogliera

altri, ahimè, se n’è beccati
col nipote e coi cognati.
Dal Pd che lo fregò
Francantonio poi tornò

con un salto in Forza Italia
che al suo erede fa da balia.
Il figliolo, ch’è Luigi,
come il padre fa prodigi:

del caiman con la livrea
viene eletto all’Assemblea.
Con vagon di preferenze
sbaragliò le concorrenze.

Però appena ha conquistato
il suo seggio è già indagato
il picciotto all’arrembaggio.
I reati? Riciclaggio

ed intestazion fittizia
dei ben che, con gran furbizia,
gli han girato sia papà,
che cugino, zii e mammà.

Per proteggere il malloppo
il pivello andò al galoppo
nel celare il patrimonio
famigliare. Che demonio,

ventunenne, ancor studente,
già aspirante delinquente.
Cosicché dopo lo spoglio
con giustificato orgoglio

sullo Stretto di Messina
la famiglia canterina
“We are the Champions!” cantò in coro
poiché lì comandan loro.

blog MicroMega, 11 dicembre 2017

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