Sic transit gloria mundi

De Gentilonis.
(il Fatto Quotidiano, 22 gennaio 2017)
Non si bullizza così un ex leader.
(il Fatto Quotidiano, 4 febbraio 2017)
Matteo e Paolo, prima crepa. Renziani contro il governo: “Manovra, no a nuove tasse”.
(la Repubblica, 10 febbraio 2017)
Povero Matteo, beffato persino da Sanremo.
(il Fatto Quotidiano, 10 febbraio, 2017)

Sic transit gloria mundi

IL bulletto che tutti bullizzava,
che parlava con grande sicumera,
che per Napoleone si spacciava,
che con un tweet stroncava una carriera,
che una riforma al mese assicurava,
e che di slogan era una miniera,
come lo son di solito i tiranni,
poco tempo durò, men di tre anni,

il referendum ne fermò gli inganni.
L’ultimo inganno è stato Gentiloni
col governo che pose sugli scanni
la confraternita di vil cialtroni
causa con Renzi dei nostri malanni,
peggior dei guai che fece Berlusconi.
Lo scopo aveva di tenere in caldo
il posto per il giovane spavaldo,

pur dopo un referendum maramaldo.
Un governo con data di scadenza,
con premier tutto men che in sella saldo,
che con democristiana competenza
spacciava un vetro verde per smeraldo
con un programma che era una parvenza:
il mezzogiorno, i giovani, il lavoro
e, grazie al ministero del tesoro,

lesto il ritorno nell’età dell’oro.
Poi ben si sa com’è malfatto il mondo:
chi resta un attimo senza sonoro
del palcoscenico finisce in fondo,
si affievolisce delle lodi il coro
ed in breve diventa quasi immondo.
Ogni renzata fu uno strafalcione,
ogni lacchè vuole cambiar padrone

perché non resti il cul senza poltrone.
Le qualità diventano difetti,
un portento diventa un fanfarone,
sulle teste compaiono gli elmetti
ed incomincia la rivoluzione
fra correnti, pugnali e trabocchetti.
Gentiloni si inventa premier vero,
ogni giorno si fa men cimitero

azzardando perfin qualche pensiero.
Franceschini diventa birichino,
Padoan, già con la Ue barricadiero,
adesso si prosterna con l’inchino.
All’improvviso Staino fa il severo
trattando da cafone il fiorentino.
Bersani fino a ier decorativo
diventa tutto a un tratto combattivo

e va cianciando di novello Ulivo.
Calenda, fedelissimo aquilotto,
contro il vecchio padron si fa cattivo
e chiede di votare nel diciotto.
Napolitano il suo papà adottivo
sommerge di cazziate il giovinotto.
La Boschi di Matteo già fior del mazzo
di Gentiloni appoggia il nuovo andazzo

senza provare il minimo imbarazzo.
Orlando, turco giovane ed amico,
arrischia qualche timido intrallazzo
e Cuperlo, veggente saggio antico,
già prende le distanze dal ragazzo.
Per non dir di D’Alema il bolscevico.
Son tanti, ma combattono divisi
e tornerà il Narciso dei Narcisi.

blog MicroMega, 13 febbraio 2017

Demolition man

Renzi non cede, Letta verso le dimissioni.
(la Repubblica, 13 febbraio 2014)
“Le dimissioni non si danno per manovre di palazzo”.
(il Fatto Quotidiano, 13 febbraio 2014)
“Mi ha preso per il culo, ma ora è arrivata l’offensiva finale”.
(ibidem)
Pacco di coalizione.
(ibidem)
Letta si arrende, tocca a Renzi.
(la Repubblica, 14 febbraio 2014)

Demolition man

Col fu nipote a terra ancora caldo
ed il pugnal di sangue ancor grondante,
leggiam che si son detti Maramaldo
ed Enrico a partir dal primo istante.

Renzi: “Vogliamo che il governo arrivi
fin alla conclusion del suo tragitto,
leali nel sostegno ai tentativi
di Letta che lavora con profitto”.

Renzi: “Da mesi leggo sui giornali
che Matteo vuol fregare il posto a Letta,
ma se avessi ambizioni personali
non avrei certo avuto tanta fretta

nel candidarmi alla segreteria.
Voglio cambiar l’Italia, questo sì,
non il governo e Letta cacciar via”.
Letta: “Col segretario del Pd

lavorerem come una squadra unita”.
Renzi: “Il governo faccio lavorare,
non voglio porre fine alla sua vita”.
Letta: “Tensioni? Neanche da pensare!

E certo andrem d’accordo con Matteo”.
Renzi: “Il partito faciliterà
Enrico nel suo compito europeo
e per quest’anno premier resterà”.

Renzi: “Rifaccio il sindaco a Firenze
senza pensare a far le scarpe a Enrico.
Il governo perciò non ha scadenze
fino al duemila quindici, lo dico”.

Letta: “Fra noi c’è molta sintonia
ed il contratto per la coalizione
faremo con unica regia
per aiutare insieme la Nazione”.

Mattéo: “Enrico Letta non si fida,
ma si sbaglia poiché sono leale”.
Letta: “Di Renzi, del Pd alla guida,
fidarsi sembra proprio naturale”.

Renzi: “Il governo Letta durerà
fino alla fin dell’anno perlomeno,
anche se ha fatto poco fino a qua
e il dirlo è un eufemismo quasi osceno”.

Letta: “Sono d’accordo con Matteo
sul bisogno di avere un nuovo inizio
col qual fare alla crisi marameo,
ma sul governo è errato il suo giudizio”.

Renzi: “Nessun ti vuol fregare il posto,
ma va’ avanti! Fa’ quel che devi fare!”
Letta: “Son pronto ad un governo tosto,
un Letta bis che possa governare”.

Renzi: “Sian le riforme senza rischio,
ma il governo di Letta è un’altra cosa
e, in tutta verità, io me ne infischio!”
Letta: “L’affermazione è giudiziosa”.

Mattéo: “La staffetta Renzi-Letta
non è di certo all’ordine del giorno.
Se il rimpasto il premier vuol fare in fretta,
lo faccia pure, io non c’entro un corno”.

Letta: “Certo, non voglio galleggiare,
con grande forza ed in velocità
i problemi son pronto ad affrontare.
L’efficienza è la mia specialità”.

Renzi: “Se Letta vuole cambiamenti,
li spieghi a tutti e poi scopra le carte”.
Renzi: “Sono difficili momenti
e tanta gente della nostra parte

si chiede: “Perché mai senza votare
dobbiamo andare a Palazzo Chigi?”
Mi chiedo anch’io: “Ma chi ce lo fa fare?”
Sembran morosi fra baci e litigi…

Esce la Stampa: “Giorgio blinda Letta!”,
così il Corriere come il Messaggero.
E’ confermato: non sarà staffetta…
Poi Letta scopre: non è affatto vero!,

tutti salgon sul carro di Matteo.
Come succede da che mondo è mondo,
al vinto fanno un grato marameo
e al vincitore il cul leccano a fondo.

E nonno Giorgio? Ha perso nuovamente,
gli hanno bruciato Monti e Enrico Letta.
C’è da augurarsi che gli venga in mente
la parolina magica: “Staffetta!”

Nota. Fonte dei dialoghi:
“Pacco di coalizione” di Marco Travaglio
il Fatto Quotidiano, 13 febbraio 2014

blog MicroMega, 17 febbraio 2014

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