Mala lex, sed lex

Governo diviso sulla giustizia, stop alle norme anticorruzione, lite sul falso in bilancio e prescrizione.
(la Repubblica, 5 marzo 2015)
L’altolà di Palazzo Chigi ad Alfano: “Non può mettersi di traverso”.
E Grasso critica la maggioranza: “Sembra la tela di Penelope”.
(ibidem)
No al Daspo anti-corrotti. Il Pd smentisce Renzi. In Senato Dem e Fi bocciano l’emendamento M5S con la norma promessa più volte dal premier e sulla prescrizione la maggioranza si spacca.
(il Fatto Quotidiano, 5 marzo 2015)
Corruzione, Angelino si stende sui binari.
Il mini-partito di Alfano spara su prescrizione, intercettazioni e falso in bilancio. L’obiettivo è quello di stoppare tutto, in cambio promette fedeltà su Italicum e riforma del Senato.
(il Fatto Quotidiano, 8 marzo 2015)

Mala lex, sed lex

“Adesso riformiamo la Giustizia!”
Quante volte l’ha detto il parolaio
che da un anno ripete la notizia
e più che un premier sembra un pifferaio?

Lo conferma sui quotidiani Orlando,
guardasigilli con maturità:
“L’importante riforma sta arrivando!”,
ma il giorno dopo marcia indietro fa.

Le linee guida giungono in agosto:
“La mettiamo sul web, noi siamo aperti
e non facciamo nulla di nascosto.
Sta per due mesi al vaglio degli esperti”.

Per tutte le riforme sbandierate
dagli esperti han richiesto contributi,
ma poi neppur le virgole han cambiate
e degli esperti se ne son fottuti.

Passa il tempo, la legge perde slancio:
si discute sull’anti corruzione,
sul problema del falso nel bilancio,
sulla durata della prescrizione.

Per i corrotti quanto di galera?
Spinge il Pd per una lunga pena
poiché nel No! dell’alleato spera
per far bella figura, tutta scena.

Il No! di Alfano arriva puntuale
e tutto ricomincia dall’inizio.
Il falso nel bilancio è abituale
da quando Silvio ha consentito il vizio.

E’ tempo di punirlo in tutta fretta,
ma tante simpatie ancor raccoglie
ed ognuno propon la sua ricetta:
“Con soglie percentuali!” “Niente soglie!”

“Con soglie fisse!”e poi di nuovo “Senza!”.
S’innalzano e s’abbassano le pene
a seconda del team di appartenenza.
“Sì, le intercettazioni vanno bene!”

“Neanche per sogno, noi non le vogliamo!”
Qualcun le proporrà nei dì festivi,
qualcun dirà: “D’inverno le facciamo!”
E un altro: “Solo nei tre mesi estivi!”.

Idem succede per la prescrizione:
la vorrebbero tutti lesta assai,
poiché a nessuno piace la prigione,
ed infatti nessuno ci va mai…,

ma nel Pd, di fronte agli elettori
è ben far finta di volerla lunga,
purché in fretta Angelino venga fuori,
anche a nom del Signor del bunga bunga,

col dir: “La prescrizione non si tocca,
la legge di Cirielli vale ancora!”
Ed una volta in più tutto si blocca
e la grande riforma va in malora.

Che fare per calmare gli elettori?
Renzi e Alfano si son solo guardati:
invece di punire i malfattori
fanno una legge contro i magistrati.

L’accordo lo si trova in un momento.
Ciò che a Silvio in vent’anni non riuscì
riesce in fretta al giovane talento:
onore a Matteo Renzi ed al Pd!

blog MicroMega, 9 marzo 2015

L’ultima chance

“Mille giorni, ultima chance o c’è il voto anticipato. Ma noi puntiamo al 2018”.
(la Repubblica, 17 settembre 2014)
Il ritornello dell’ultima chance di Filippo Ceccarelli.
(ibidem)

L’ultima chance

E’ una strana Nazion la nostra Italia,
sono una strana stirpe gli italiani
che hanno bisogno di qualcun che ammalia
e assicura un doman dopo il domani.

L’ultima chance da sempre fu chiamata,
ma la penultima da sempre fu
poiché questa Nazione disgraziata
da sempre è con l’abisso a tu per tu.

Napolitano Monti ci donò
sulle macerie che lasciò il caimano
ed Emma Marcegaglia proclamò:
“L’ultima chance del popolo italiano!”

Dopo il disastro dei professoroni,
il folle risultato elettorale
e il ritorno di Giorgio alle concioni,
ecco il nuovo messia del Quirinale:

“Al democristo Letta do il timone!”
Non ancora la prima fra i renziani,
a dir: “L’ultima chance per la Nazione!”
nell’occasione fu la Serracchiani.

Appena eletto leader del Pd,
l’ultima chance la sventolò Matteo:
“Rottamo sopra, sotto, qui e lì
senza fare ad Enrico marameo

e poi la nuova legge elettorale
consentirà di uscire dalla melma.
L’ultima chance, poiché, se andasse male,
ci salverà soltanto il Mago Otelma!”

Chiamato Berlusconi al Nazareno
e firmato l’accordo col compare,
dirà: “Se non funziona il patto osceno
solo Goldrake l’Italia può salvare!”

A pugnalate fatto fuori Letta,
che pure il Quirinale ha fatto fesso,
dettò alle Camere la sua ricetta:
“L’ultima chance abbiamo: qui e adesso!”

Parlò d’ultima chance a Porta a porta
e a Che tempo che fa: “Ce la faremo!”
L’ultima chance anche a Bruxelles esporta
con la promessa: “Non la falliremo!”

Poi dopo “maratona”, “freccia rossa”,
“il vento in faccia”, “una riforma la mese”,
“sull’onda in piedi”, “il blitz”, “lo sprint”, “la scossa”,
il libro di un atleta giapponese,

“L’arte di correre”, di Mukarami,
l’iPhone, l’iPad, le slide, l’adrenalina,
le sfide ai rosiconi ed i proclami,
la soluzion non par così vicina.

I nostri guai rimangon sempre lì,
la Ue non ci ha concesso ancora nulla,
come nulla è cambiato nel Pd,
la crescita boccheggia nella culla,

il Pil non sal, non c’è l’assalto ai forni,
ma qualche sindacato si scalmana,
i cinque mesi ormai son mille giorni
e par l’ultima chance ben più lontana.

E’ la penultima quella che arriva.
La moral della storia allor qual è?
Chi ai pifferai per strada fa gli evviva,
chi sostiene che Renzi sia un premier

e non il solito democristiano
che quel ch’è rosso vuole eliminare,
non scordi il proverbial detto nostrano:
“Fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”.

Nota. L’ispirazione per la poesia è venuta dall’articolo
“Il ritornello dell’ultima chance”, uscito su la Repubblica
del 17 settembre 2014 con la firma di Filippo Ceccarelli
che qui sentitamente si ringrazia.

blog MicroMega, 22 settembre 2014

Fuochi d’artificio

Salvatore Settis. La svolta decisionista. “Renzi è un figlio padrone”.
(il Fatto Quotidiano, 14 giugno 2014)
Renzi, il bulletto che fa il premier.
(ibidem)
Il pifferaio magico fa miracoli e prende cantonate.
(la Repubblica, 15 giugno 2014)
“Noi vogliamo”: il dizionario del rottamatore.
(il Fatto Quotidiano, 15 giugno 2014)

Fuochi d’artificio

Il quarantun per cento alle elezioni
ha montato la testa al fiorentino:
contando i voti il re dei fanfaroni
è diventato proprio un berluschino.

“Dieci milion – gioiva il Cavaliere –
mi salveranno il cul dalla Giustizia!”
“Con dodici milion vi fo’ vedere –
si è messo a proclamar Mister Furbizia –

che a furia di riforme cambiam verso!”
Ed è un continuo fuoco artificiale
che fa apparir nell’alto cielo terso
disegni di bellezza eccezionale

con sequenze di botti e di colori,
come lapilli usciti da un vulcano
per l’entusiasmo degli spettatori
conquistati dal dono del sovrano.

I fuochi si susseguono nel cielo:
uno si spegne, l’altro sale e esplode
e ai crucci quotidiani fanno velo
celando il bluff della renziana frode.

Ogni fuoco che scoppia è una riforma
che per un attimo soltanto esiste,
l’attimo dopo in nulla si trasforma.
Quante riforme stanno nelle liste?

Il lavoro, la macchina statale,
la Rai, la scuola, la Giustizia offesa,
il Senato, la legge elettorale,
la sanità, il fisco, la difesa.

Ma non ne parla solo il parolaio,
il dizionario del rottamatore
è egual per i galletti del pollaio
ed ogni frase ha un eco emulatore.

Sono i guardian della rivoluzione,
i colonnelli di belle speranze,
a modo suo ciascun fattosi clone
dello spauracchio delle minoranze.

Sentito Renzi, il resto è un copia/incolla:
stesse parole, stessa intonazione,
stessa postura che gli schermi affolla
di ogni canal della televisione.

“Non accettiamo veti da Mineo!”
dice Picierno, l’eurodeputata,
cioè la stessa frase che Matteo
da qualche parte ha appena pronunciata.

“Il voto alle primarie è stato chiaro!”
un giorno sentenziò la Serracchiani,
la stessa frase detta paro paro
dal salvator di tutti gli italiani

“Il partito ha discusso ed ha votato,
non una volta sola, ma ben tre!”
ha detto il capogruppo del Senato,
la stessa frase detta dal premier.

“E’ l’Italia che vuole le riforme!”
afferma alla tivù Madonna Boschi.
E’ ciò che disse l’uomo che non dorme
e vedi sui giornali in tutti i chioschi.

“Per cambiare le cose siamo qui,
non sol per annunciarle!” Bonafé,
in Europa mandata dal Pd,
dice la frase esatta del premier.

Ha conquistato tutti il pifferaio,
le Camere, le piazze ed il partito:
ottanta euro, un pien dal benzinaio,
gli ha procurato quasi un plebiscito.

Lo ha già spiegato Gianbattista Vico
coi corsi ed i ricorsi della storia.
E’ quello dell’Italia un vizio antico:
fidarsi dei gradassi pien di boria.

Successe con Benito Mussolini,
poi con Bettino, poi con Berlusconi.
Or tocca a Renzi con i suoi renzini
fregare un’altra volta i creduloni.

blog MicroMega, 16 giugno 2014

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