Dal garofano al giglio magico

Arraffael.
(il Fatto Quotidiano, 18 ottobre 2015)

Dal garofano al giglio magico

L’han chiamato Berluschino,
ma da sosia di Bettino
certamente non sfigura,
quasi uguale, addirittura.

Oggidì e trent’anni fa
in assai giovane età
ecco i nostri due compari
del partito segretari.

Due politici aggressivi,
disinvolti, sbrigativi,
sbruffon, bulli, baldanzosi,
arroganti e presuntuosi.

Sempre avversi al Parlamento
sia d’ostacolo che lento.
Ostil ai contro poteri:
giornalisti battaglieri,

sindacati, oppositori
e piemme indagatori.
Contro saggi e intellettuali,
detti un dì “dei miei stivali”

con disprezzo da Bettino,
mentre il guitto fiorentino
li chiamò professoroni
nonché gufi coi suoi cloni.

Di sinistra sedicenti,
ma in realtà destri fetenti
circondati da stilisti,
riccon, giovani affaristi,

da damazze e nobilastri
sempre in vena di disastri.
Come capi di governo
cantor d’ottimismo eterno,

di sviluppo, di ripresa,
sempre lì, ma sempre attesa
da chi nella merda arranca.
Campion in camicia bianca

che confondono il privato
con il senso dello Stato,
l’un con Bobo e Pillitteri,
come Craxi l’altro ieri,

l’altro, il mentitor brighella,
con il babbo e la sorella.
Ambedue contro il partito
con destrezza convertito

in club di lacchè, questuanti
e di femmine adoranti:
giglio magico di qua
e garofano di là.

Del poter la bulimia
li ha portati sulla via
di pinguedine accentuata.
Per entrambi una brigata,

non di alpini con i muli,
ma di servi, leccaculi,
bambole d’aspetto bello:
le Boniver, le Cappiello,

le Madia-Boschi-Moretti.
Ugual per i due soggetti
la grandeur che il volgo acceca:
la piramide Panseca

quando Craxi stava in tolda
ed adesso la Leopolda
e l’aereo del ducetto.
Per i due stesso difetto:

stare a sbafo a casa altrui.
Craxi al Raphael, tempi bui,
Matteo Renzi chez Carrai,
l’uomo che i salvadanai

colma per il fanfarone.
L’un di Silvio testimone
alle nozze con la Lario,
Renzi dell’ottuagenario

lo spregevole figlioccio,
fin da quando era un bamboccio
con il culo nell’ovatta.
Ora Renzi ce l’ha fatta

a arrivare all’apogeo,
ma al confronto con il reo
e con Craxi Benedetto
è il peggiore del terzetto.

blog MicroMega, 23 ottobre 2015

L’ultima chance

“Mille giorni, ultima chance o c’è il voto anticipato. Ma noi puntiamo al 2018”.
(la Repubblica, 17 settembre 2014)
Il ritornello dell’ultima chance di Filippo Ceccarelli.
(ibidem)

L’ultima chance

E’ una strana Nazion la nostra Italia,
sono una strana stirpe gli italiani
che hanno bisogno di qualcun che ammalia
e assicura un doman dopo il domani.

L’ultima chance da sempre fu chiamata,
ma la penultima da sempre fu
poiché questa Nazione disgraziata
da sempre è con l’abisso a tu per tu.

Napolitano Monti ci donò
sulle macerie che lasciò il caimano
ed Emma Marcegaglia proclamò:
“L’ultima chance del popolo italiano!”

Dopo il disastro dei professoroni,
il folle risultato elettorale
e il ritorno di Giorgio alle concioni,
ecco il nuovo messia del Quirinale:

“Al democristo Letta do il timone!”
Non ancora la prima fra i renziani,
a dir: “L’ultima chance per la Nazione!”
nell’occasione fu la Serracchiani.

Appena eletto leader del Pd,
l’ultima chance la sventolò Matteo:
“Rottamo sopra, sotto, qui e lì
senza fare ad Enrico marameo

e poi la nuova legge elettorale
consentirà di uscire dalla melma.
L’ultima chance, poiché, se andasse male,
ci salverà soltanto il Mago Otelma!”

Chiamato Berlusconi al Nazareno
e firmato l’accordo col compare,
dirà: “Se non funziona il patto osceno
solo Goldrake l’Italia può salvare!”

A pugnalate fatto fuori Letta,
che pure il Quirinale ha fatto fesso,
dettò alle Camere la sua ricetta:
“L’ultima chance abbiamo: qui e adesso!”

Parlò d’ultima chance a Porta a porta
e a Che tempo che fa: “Ce la faremo!”
L’ultima chance anche a Bruxelles esporta
con la promessa: “Non la falliremo!”

Poi dopo “maratona”, “freccia rossa”,
“il vento in faccia”, “una riforma la mese”,
“sull’onda in piedi”, “il blitz”, “lo sprint”, “la scossa”,
il libro di un atleta giapponese,

“L’arte di correre”, di Mukarami,
l’iPhone, l’iPad, le slide, l’adrenalina,
le sfide ai rosiconi ed i proclami,
la soluzion non par così vicina.

I nostri guai rimangon sempre lì,
la Ue non ci ha concesso ancora nulla,
come nulla è cambiato nel Pd,
la crescita boccheggia nella culla,

il Pil non sal, non c’è l’assalto ai forni,
ma qualche sindacato si scalmana,
i cinque mesi ormai son mille giorni
e par l’ultima chance ben più lontana.

E’ la penultima quella che arriva.
La moral della storia allor qual è?
Chi ai pifferai per strada fa gli evviva,
chi sostiene che Renzi sia un premier

e non il solito democristiano
che quel ch’è rosso vuole eliminare,
non scordi il proverbial detto nostrano:
“Fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”.

Nota. L’ispirazione per la poesia è venuta dall’articolo
“Il ritornello dell’ultima chance”, uscito su la Repubblica
del 17 settembre 2014 con la firma di Filippo Ceccarelli
che qui sentitamente si ringrazia.

blog MicroMega, 22 settembre 2014

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